Sarà il grigiore della giornata o la natura che comincia a trasudare odore di autunno, ma ultimamente mi torna in mente spesso questa breve ed intensa poesia di Giuseppe Ungaretti, scritta in tempo di guerra, per descrivere la condizione di precarietà dei soldati in battaglia e la caducità della vita.
Tempo di guerra …
Verrebbe da dire che ora siamo in tempo di pace, che nulla abbiamo in comune con la situazione dei soldati al fronte durante il primo conflitto mondiale.
Verrebbe da dire che viviamo in tempi prosperi, di grande progresso scientifico e tecnologico, che godiamo dei frutti del benessere, che l’essere umano si è elevato ed è oramai lontano da quegli orrori ...
Verrebbe anche da dire che questa situazione di relativa stabilità ha reso le nostre vite meno precarie, che oggi viviamo, non sopravviviamo …
Davvero?
Dai quotidiani di questi giorni:
IRAN: Sakineh, donna di 42 anni, due figli, condannata a morte per lapidazione da un tribunale islamico in Iran, con l’accusa di adulterio.
CILE: 33 uomini, minatori, ingoiati dalle viscere della terra ma salvi per miracolo. Intrappolati sotto 700 metri di terra e rocce. Se non capita nulla di serio nel mentre (terremoto…), forse vedranno la luce a Natale. Lavorano per una manciata di dollari al mese.
PAKISTAN: Reza, 2 anni. La foto che lo ritrae su un giaciglio lercio, mentre succhia da un biberon vuoto, lui e gli altri piccoli completamente coperti di mosche, sta facendo il giro del mondo. Sono i sopravvissuti delle inondazioni che hanno devastato il paese, ma non riescono ad essere raggiunti dagli aiuti umanitari.
ITALIA: Picchia e accoltella la fidanzata incinta di 3 mesi. Lei è in gravi condizioni e ha perso il bambino.
ITALIA: un giovane centauro di 19 anni cade durante il moto GP, due moto che seguono lo travolgono, si sospetta sia morto sul colpo. La gara non si ferma.
Suona poi tanto diverso da un bollettino di guerra?
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